Quale meraviglia? Alle origini della filosofia

di Lucia Palpacelli*

La meraviglia è il principio della filosofia. Dalla meraviglia, intesa come stupore inquietante, nasce il desiderio di sapere e di trovare risposte alle questioni fondamentali riguardanti l’universo e l’esistenza umana.

Parole chiave: meraviglia, stupore angoscioso, filosofia, Platone, Aristotele

 

«Infatti gli uomini hanno cominciato a fare filosofia, ora come in origine, a causa della meraviglia» (Aristotele, Metafisica I, 2, 982b12-13). In questa frase di Aristotele tradizionalmente si rintraccia l’atto di nascita del pensiero filosofico, la sua radice e il suo principio.
Della stessa meraviglia, del resto, parla Platone nel Teeteto, quando mette in bocca a Socrate queste parole: «È proprio tipico del filosofo quello che tu provi, l’essere pieno di meraviglia: il principio della filosofia non è altro che questo» (Teeteto, 155D).
 I due giganti della filosofia antica, quindi, individuano nella meraviglia, nel thauma (per dirlo con i Greci) l’origine del pensiero critico e razionale, ma – dobbiamo chiederci - di quale meraviglia si tratta?
 
Thauma
Il greco antico, infatti, è una lingua strutturalmente polivoca e capace di disegnare, rispetto a uno stesso termine, prospettive diverse. Qui sta gran parte del suo fascino e tutta la sua ricchezza. Ora thauma è una parola che indica tanto lo stupore quanto l’angoscia di fronte a ciò che non si comprende. In questo senso, si può interpretarla come uno «stupore inquietante» e una «meraviglia angosciosa» (F. Piangerelli, Il perturbante e la crisi. Il ruolo dell’apparenza e del kairos nelle Supplici di Eschilo, «Thaumazein», 11-2 [2023], pp. 60-83, p. 64 [in corso di pubblicazione]): si può parlare di una curiosità meravigliata, mai disgiunta da uno sgomento angoscioso. Ecco perché la meraviglia è capace di essere il principio del pensiero critico, perché è uno stato che chiede risposte e invita a intraprendere un cammino di ricerca per trovare soluzioni.

In principio era la meraviglia
È questo il titolo di un bellissimo libro di Enrico Berti che riflette sulle grandi questioni poste dalla filosofia antica e si apre proprio facendo alcune considerazioni circa la meraviglia come principio della filosofia: «La meraviglia è consapevolezza della propria ignoranza e desiderio di sottrarsi a questa, cioè di apprendere, di conoscere, di sapere. Il primo tentativo di sfuggire all’ignoranza è il ricorso al mito, cioè alle narrazioni dei poeti, che a loro modo forniscono una risposta alle domande degli uomini. Ma si tratta di una domanda del tutto insufficiente, che non estingue la meraviglia, anzi la accresce, perché non esibisce le proprie ragioni, le proprie giustificazioni. Per questo motivo gli uomini non si accontentano del mito, ma ricercano la “scienza”, cioè il sapere» (In principio era la meraviglia, Editori Laterza, 2007, pp. VI-VII).
Ecco allora che la meraviglia è il principio della filosofia, intesa come ricerca disinteressata del sapere, possibile – secondo le indicazioni di Aristotele – quando l’uomo si sia liberato dai bisogni materiali e anche dal desiderio di agiatezza o di piacere (Metafisica I, 2, 982b22-28). Quando si trova completamente libero, è in condizione di cominciare questo viaggio di indagine e di ricerca che coincide con la filosofia stessa.
Dobbiamo però a questo punto chiederci quale tipo di sapere l’uomo ricerca. In ultima analisi, si potrebbe rispondere che l’interrogativo riguarda il perché: il desiderio è quello di spiegare la realtà che ci interroga e fa nascere in noi questo stato di stupore angosciante. «La meraviglia è essenzialmente domanda di una spiegazione, di una ragione: essa nasce dall’esperienza, dall’osservazione di un oggetto, di un evento o di un’azione, di cui si vuole conoscere il perché, cioè la causa» (In principio…, p. VIII).
 
Cercare per trovare: la filosofia come via di uscita dalla meraviglia
Se il thauma segna l’inizio della ricerca, «d’altra parte, il possesso di questa scienza deve porci in uno stato contrario a quello in cui eravamo all’inizio delle ricerche. Infatti, come abbiamo detto, tutti cominciano con il meravigliarsi che le cose siano in un determinato modo: così ad esempio di fronte alle marionette che si muovono da sé nelle rappresentazioni o di fronte alle rivoluzioni del sole o all’incommensurabilità della diagonale al lato. […] Invece bisogna pervenire allo stato d’animo contrario, il quale è anche il migliore […]. E così avviene, appunto, per restare agli esempi fatti, una volta che si sia imparato: di nulla uno studioso di geometria si meraviglierebbe di più che se la diagonale fosse commensurabile al lato» (Metafisica I, 2, 983a11-21).
La meraviglia quindi è il principio, ma dallo stato di meraviglia, da questa nebbia che ci affaccia su un mondo da scoprire, capace di far nascere in noi stupore e angoscia (come nella rappresentazione romantica del Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, che accompagna questo articolo), è proprio la filosofia, questa tensione al sapere, questo amore per la conoscenza che ci permette di uscire. Infatti, ci stupisce ciò che non conosciamo, come suggeriscono gli esempi di Aristotele, ma una volta conosciute queste realtà, non ne proviamo più meraviglia, perché ne comprendiamo la causa e, anzi, saremmo stupiti se accadesse il contrario di ciò che ora sappiamo, così come sarebbe stupito uno studioso di geometria se, all’improvviso, la diagonale risultasse commensurabile.
Dallo stato originario di meraviglia quindi si deve uscire e la strada per farlo è proprio questo amore per il sapere, questo philosophein che è la meraviglia stessa a innescare: «I Greci non avevano il gusto per la ricerca fine a se stessa: essi cercavano per trovare», continua Berti, per questo si può dire che dalla meraviglia nasce la filosofia, intesa etimologicamente come amore, tensione (philein) verso il sapere (sophia), desiderio di conoscere e di dare risposte a una realtà complessa che ci interroga chiedendo ragione di sé sulle grandi questioni che da sempre hanno stupito e angosciato gli esseri umani: qual è l’origine dell’universo? Qual è il principio che spiega l’intera realtà? Esiste un Dio e, se esiste, com’è? Che cos’è l’essere umano? Qual è il suo destino ultimo? Come può essere felice?
 
La filosofia antica: un atteggiamento attuale
Luca Grecchi, facendo eco alle considerazioni offerte da Berti, focalizza in poche righe la grande attualità del pensiero antico e dell’atteggiamento dei filosofi classici rispetto alla realtà: «I Greci, dunque, mediante la philosophia, non cercavano tanto per cercare […] ma solo per trovare. Così era in quanto i filosofi ellenici non si occupavano di microproblemi marginali, né di pseudoproblemi artificiali, ma di macroproblemi fondamentali, che, solo se risolti, potevano migliorare la vita in direzione di una maggiore felicità. Questi pensatori, infatti, mossi dal thauma […] cercavano per un fine importante, ossia per ridurre quanto più possibile la sofferenza. Ciò spiega la loro philia verso la sophia. Ciascuno di noi, in effetti, sa che quando un problema serio lo affligge non è sufficiente cercare una qualunque soluzione, ma è necessario trovare la vera soluzione, che sola può porre fine alla sofferenza» (L. Grecchi, Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele, Scholé, Brescia 2023, pp. 33-34).
 
Sempre filosofi, sempre in ricerca
La meraviglia ci apre dunque a una strada di ricerca e di consapevolezza nella quale bisogna accettare di correre il rischio dell’angoscia, insita nella meraviglia stessa come abbiamo visto, e ricordarsi sempre, come Platone insegna, che siamo esseri umani limitati, per questo possiamo solo dirci filosofi - cioè siamo sempre nella condizione di essere tesi verso il sapere - mai sophoi (Fedro, 278D): non arriveremo mai alla verità tutta intera, che il Filosofo pensava fosse appannaggio solo di Dio, ma guadagneremo alcune risposte, alcune verità e per queste sarà valso la pena vivere, perché «una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta per un essere umano» (Apologia di Socrate, 38A5-6).

 

* Lucia Palpacelli insegna Storia della filosofia Antica presso l’Università degli Studi di Macerata. https://docenti.unimc.it/lucia.palpacelli

Commenti