di Veronica Guardabassi*
Con il loro alternarsi di colori, le foglie sembrano ripercorrere il ciclo della vita. Il giallo, l’arancione, il rosso, il marrone e il loro oscillare tipico dell’autunno rimandano alla stagione della terza età e offrono una chiara similitudine per comprendere l’invecchiamento e parlarne con bambini e bambine.
Parole chiave: Ciclo di vita, Autunno, Invecchiamento, Natura, Apprendimento
Seppur possano apparire in contrapposizione, l’essere umano e la natura non sono due entità distinte ma sono l’uno parte dell’altra. A volte sembra addirittura che l’essenza della natura sia tale per semplificare la comprensione della nostra quotidianità. Se la primavera rappresenta l’inizio della vita, l’estate il periodo in cui si possono raccogliere i frutti della propria gioventù, l’autunno ci accompagna a scorgere il crepuscolo della nostra esistenza. Sembra così malinconica, eppure l’autunno è una delle stagioni più amate e tra coloro che la preferiscono mi aggiungo anche io che, forse non a caso, mi occupo di invecchiamento.
La terza età è una fase della vita che solo negli ultimi anni è stata presa in considerazione dalla psicologia dello sviluppo. Secondo la recente prospettiva dello sviluppo nel ciclo di vita, ogni età ha le sue sfide evolutive ed esse rappresentano delle opportunità di crescita e di apprendimento. Questo accade anche per le persone anziane? Il primo a rispondere alla domanda sembra essere stato Michelangelo Buonarroti che all’età di 87 anni, con la dichiarazione “ancora imparo”, si pose quasi senza saperlo come il primo grande sostenitore dell’invecchiamento attivo. A raccomandarlo oggi è invece l’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce l’invecchiamento attivo lo strumento necessario per poter invecchiare in salute: impegnarsi nel sociale o in nuove attività personali seguendo le proprie aspirazioni e motivazioni comporta un miglioramento sia della salute fisica sia di quella psicologica. Tuttavia, praticare sport, mangiare in modo sano, fare volontariato o stimolare la propria mente con letture, cruciverba e Sudoku non è sufficiente se non avviene una piena accettazione del processo di invecchiamento. Riconoscere in sé i cambiamenti fisici e sociali dell’età, promemoria del tempo che scorre, può suscitare paure e negazioni (“com’è possibile che quel ragazzo mi abbia lasciato posto nell’autobus?”) così come tranquillità e nuove consapevolezze (“le mie rughe? Il lavoro di una vita”). Ascoltare i segnali del cambiamento e accoglierne il significato è un risultato non sempre facile nell’attuale società che definisce le persone anziane come lente, deboli, poco capaci o noiose. Etichettarle con questi e altri stereotipi negativi e pregiudizi, oltre a compromettere la buona riuscita nei compiti quotidiani (immaginate quanto possa essere difficile inviare un’e-mail se tutti credono che non riusciate a farlo), può ridurre la salute, il benessere psicologico e la qualità di vita delle persone anziane. Ostacolare gli esiti di questo fenomeno, noto come ageismo, è un obiettivo che adeguati e stimolanti interventi educativi possono raggiungere: educare e informare sul processo di invecchiamento contribuisce ad aumentare l’empatia, a chiarire le incomprensioni che sono legate alle differenze di età e ridurre i pregiudizi nei confronti delle persone anziane.
A tal proposito anche la natura sembra offrire una sua chiave di lettura: guardiamo ad esempio le foglie. Se in primavera e d’estate sono verdi e impegnate nel quotidiano lavoro della fotosintesi clorofilliana, le foglie d’autunno (oramai “in pensione”) agiscono con la poca clorofilla a disposizione per continuare a lavorare in modo più leggero, dedicarsi a qualche hobby o semplicemente assaporare con calma il tempo che passa accanto a sé. Se le foglie estive sono forti e saldamente ancorate al ramo, quelle d’autunno iniziano a essere deboli, a volte si spezzano, appaiono fragili e instabili e nel grande albero della vita, tra foglie cadute e foglie lontane, esse, come le persone anziane, corrono il rischio di rimanere isolate e in disparte. Tuttavia, tra cambiamenti e fragilità, la natura ci offre anche un meraviglioso paesaggio. Le foglie da verdi diventano gialle, arancioni o rosse, proprio come l’essere umano che da acerbo e inesperto della vita diventa maturo, consapevole e molto spesso saggio. I colori delle foglie inoltre scaldano l’atmosfera, anche la più fredda, come solo l’affetto accogliente e paziente delle nonne e dei nonni è in grado di fare. Infine, anche quando le foglie sono a terra, esse sono capaci di attutire i nostri passi, attenuare le cadute e rigenerarsi in qualcosa di nuovo e vivo destinato a presentarsi in un momento futuro.
Il ciclo di vita delle foglie ricorda che anche l’invecchiamento umano è un processo del tutto naturale, parte di un sistema molto più ampio e articolato che è quello della vita e anche della morte. Nel libro Fai della natura la tua maestra, Paola Casolo Marangon racconta della piccola Claudia e di come una foglia di platano caduta dall’albero fosse stata utile per iniziare a elaborare il lutto legato alla perdita della nonna. Osservare quel volteggiare lento e delicato fino al suolo può suggerire come abbracciare un volo ormai irreversibile, accoglierlo con gentilezza, senza resistenze e viverlo con pienezza senza perdere nessun istante. La natura con la sua semplicità può supportare bambini/e alla comprensione di eventi complessi e può accompagnare a vedere in modo non giudicante ciò che semplicemente è. Normalizzare l’invecchiamento, anche con bambini e bambine, è un compito educativo quasi necessario visto il continuo aumento dell’età media della popolazione e significa migliorare la rappresentazione della terza età, aumentare il senso di comunità e sviluppare un’immagine positiva di sé come futura persona anziana. Del resto tutto torna e ritorna: all'autunno seguirà l’inverno, poi di nuovo la primavera e la ciclicità delle stagioni e delle foglie mostra l’articolata complessità della natura e della vita umana che collega il tempo presente a quello passato e futuro, unisce bambini/e alle persone anziane e suggerisce che nulla e nessuno/a è fine a se stesso/a.
* Veronica Guardabassi è ricercatrice di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione (RTDA) e si occupa di benessere psicologico, stereotipi sociali, funzionamento cognitivo secondo la prospettiva dello sviluppo nel ciclo di vita. https://docenti.unimc.it/veronica.guardabassi.
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