Una fonte storica prismatica: i quaderni di scuola

 di Elisabetta Patrizi*

Parole chiave: quaderni di scuola, patrimonio storico-educativo, storia dell’infanzia, cultura dell’infanzia, storia culturale.

Da poco uscito il volume How We Learn How We Learn. Come impariamo ad imparare (Milano, Shibboleth, 2025), incentrato su uno studio di archivio inerente a una vasta collezione di quaderni di scuola, prodotti in diversi Paesi nell’arco di tre secoli di storia.


Nato dalla collaborazione tra un centro di ricerca sull’infanzia, il CIRCI[1], e un interessante archivio milanese, ora Museo dei Quaderni di Scuola[2], il volume How We Learn How We Learn. Come impariamo ad imparare si presenta come un affascinante viaggio tra le pieghe del caleidoscopico mondo dei quaderni di scuola, reso attraverso l’elegante grafica curata da Shibboleth. Il titolo, si spiega nell’introduzione, è stato ispirato dal libretto How I Learn How I Learn scritto tra il 1974 e il 1979 da Edwin Arthur Schlossberg, per descrivere i pensieri dell’autore «prima, durante e dopo la progettazione del Brooklyn Children’s Museum» (p. 10). Questa precisazione serve subito a chiarire l’impostazione del testo, che si propone in primo luogo di far apprezzare il quaderno di scuola come uno degli strumenti privilegiati che hanno a disposizioni studiosi e non per accostarsi alla complessità della cultura dell’infanzia.

Il progetto realizzato dal CIRCI e dal Museo dei Quaderni di Scuola guida il lettore attraverso un processo di immersione graduale nella conoscenza del quaderno di scuola, attraverso uno studio d’archivio che tocca la «storia dell’educazione, dell’editoria, della grafica»[3] e della cultura dell’infanzia. È proposto un percorso strutturato in tre parti, ognuna delle quali è proposta nella versione italiana e inglese. La prima presenta tre saggi, firmati rispettivamente dall’ideatore e curatore del Museo Quaderni di Scuola Thomas Pololi, dal direttore del CIRCI James M. Bradburne e dallo storico dell’educazione Juri Meda, che offrono le coordinate necessarie per comprendere il multiforme linguaggio dei quaderni di scuola. In particolare i testi di Pololi e di Meda si concentrano sul quaderno come fonte storica dalle “innumerevoli potenzialità euristiche”, mentre il contributo di Bradburne, ripercorrendo i fatti e le figure principali che hanno attraversato la storia dell’educazione occidentale dall’antichità greca ai giorni nostri, ricorda che il quaderno di scuola è figlio del suo tempo e che non può essere compreso appieno prescindendo dalle coordinate storico-culturali all’interno delle quali è stato prodotto.

Nella seconda parte si può apprezzare una ricca selezione di immagini tratte dai quaderni di scuola conservati presso l’archivio del Museo dei Quaderni di Scuola di Milano. In totale si prendono in esame 74 esemplari riconducibili a 20 diversi Paesi e ad un arco cronologico di tre secoli (1773-1990). Tutte le immagini sono accompagnate da accurate didascalie tecniche e da note di commento in inglese e in italiano, che aiutano il lettore a cogliere il confine, a volte sottile, esistente tra «educazione e indottrinamento» (p. 21), mettendo in risalto i modi e le forme attraverso le quali un umile oggetto della vita scolastica, come il quaderno di scuola, è stata adottato in diversi Paesi e periodi storici come strumento di propaganda. Il repertorio di immagini è organizzato in tre sezioni: forma, messaggi e contenuti. La prima sezione consente di apprezzare le principali caratteristiche formali del quaderno, considerando in primis l’elemento più «potente e sorprendente» di un quaderno di scuola (p. 95), la copertina, che rappresenta il “biglietto da visita del quaderno”, ciò che determina la scelta di acquisto e che, per questo, risulta solitamente molto curata e composta da vari elementi: per lo più immagini, magari accompagnate da frasi o testi più estesi, non di rado vi troviamo etichette per apporre il nome, cornici che conferiscono «maggiore valore espressivo» agli elementi grafici e testuali presenti. Poi c’è la configurazione grafica interna del quaderno, per cui la presenza o assenza di righe, quadretti, griglie, determina degli specifici atteggiamenti scrittori, in grado di incidere sulla formazione del carattere dello studente. La seconda sezione si focalizza sui messaggi iconografici e scritti veicolati attraverso il quaderno da diversi soggetti (Stato, aziende, editoria), concentrandosi sulle pubblicità di marchi commerciali più o meno noti e sui componimenti scritti di studenti del passato in cui si trovano applicati i meccanismi retorici della propaganda. L’ultima sezione fa riflettere sui contenuti e offre due punti di vista. Da una parte, si rende ragione del titolo della pubblicazione e si offre uno sguardo sugli esercizi assegnati ai bambini per imparare ad imparare, per insegnare loro: come essere virtuosi; come contribuire al progresso; chi ammirare; come costruire la propria identità; come distinguere il bene dal male; come comprendere la propria provenienza; come comportarsi; come essere parte di un tutto; come distinguere i fatti dalla finzione. In questo modo si mostra come l’obiettivo comune, «da Stalin a Hitler, da Mussolini a Franco, da Hirohito a Mao, da Churchill a Roosevelt» sia stato quello di creare adesione verso uno specifico progetto nazionale (p. 155). Dall’altra, si propone una carrellata di tipologie diverse di attività svolte in classe: dagli esempi di scrittura verticale, considerata sinonimo di rettitudine morale, alle frasi standardizzate ripetute per migliorare la calligrafia fino alle prove di dettato, dai saggi ai problemi matematici come veicolo di indottrinamento, dai temi dei bambini che fotografano la quotidianità del tempo ai disegni che riproducono simboli e personaggi del contesto storico dominante fino alle canzoni, specchio della visione propagandistica del momento.

A corredo della parte centrale del volume, si offrono due utili strumenti di approfondimento e di ricerca: la trascrizione in inglese e in italiano di tutte le pagine di quaderno mostrate e commentate e un catalogo visivo delle copertine dei quaderni adottate in questo studio, disposte cronologicamente, dalla più antica, risalente al 1773, alla più recente, datata 1990.

          Dopo aver sfogliato e letto con attenzione le belle pagine del volume How We Learn How We Learn. Come impariamo ad imparare anche il lettore più ingenuo guarderà con occhi nuovi al quaderno di scuola, considerandolo non più come un mero oggetto di consumo da utilizzare in un tempo e spazio definiti, senza preoccuparsi del suo destino futuro, che purtroppo spesso si concretizza in atti di noncuranza (conservazione in scatolini polverosi dimenticati in soffitte o scantinati) o di smaltimento indiscriminato; non potrà più nemmeno adagiarsi nella “confort zone” nell’approccio nostalgico che spesso il contatto con il quaderno, così come con altri beni culturali della scuola (ad es. manuali, foto ed altri oggetti del corredo scolastico), suscita, in quanto legato ad un’esperienza potente e a forte tasso identificativo come quella scolastica. Il testo, infatti, mostra e dimostra come il quaderno di scuola sia una finestra aperta «su tanti universi» (p. 21), una fonte complessa, per citare il sottotitolo di un’importante pubblicazione sul tema di qualche anno fa[4], che consente di indagare la vita interna della scuola. Abbiamo visto, infatti, come il quaderno può essere studiato rispetto ai contenuti esterni: le copertine possono veicolare messaggi di diversa tipologia (morali, patriottici, etico-civili, ideologici, commerciali, etc.), rispecchiare i gusti e le mode del momento con grafiche particolari ispirate a correnti artistiche, al linguaggio dei computer, del gaming etc. Ma si è messo in evidenza altresì come il quaderno può essere indagato considerando anche i contenuti interni: le pagine compilate con più o meno cura dagli studenti del passato possono rivelare pensieri e concetti veicolati dall’alto o propri del soggetto scrivente, possono raccontare episodi e fatti vissuti in prima persona di cui chi scrive è protagonista o testimone indiretto, oppure ancora il quaderno di scuola può essere analizzato il segno grafico adottato per fissare su carta quelle idee, quegli esercizi, quei disegni etc. 

            Il quaderno, allora, si rivela testimone di una cultura infantile scritta cangiante e multiforme, che può essere interrogata tenendo conto di tante prospettive d’indagine, non solo, come osserva Juri Meda, con attenzione esclusiva rispetto alla questione tanto dibattuta in passato, delle scritture spontanee (che recano traccia diretta della soggettività del bambino) e delle scritture disciplinate (derivanti dai «processi di inculturazione coatta promossi nel contesto scolastico», p. 81), quanto piuttosto come fonte di “natura pedagogica”, che racconta reali pratiche didattiche ed offre uno spaccato unico sui processi formativi concretamente svolti in classe e, aggiungiamo noi, come fonte primaria in grado, come poche, di ricordarci che la storia, aldilà dei grandi eventi e dei grandi personaggi, è stata vissuta e attraversata da persone comuni, uomini, donne, bambini e bambine, portatrici di un proprio vissuto e testimoni, a loro modo, delle piccole e grandi vicende passate.


* Professoressa Associata in Storia dell’educazione, Università di Macerata, elisabetta.patrizi@unimc.it;  https://docenti.unimc.it/elisabetta.patrizi#content=info-and-bio



[1] Il Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura dell’Infanzia (CIRCI) è nato nel 2020 con lo scopo «preservare, studiare e comunicare l’esperienza dell’infanzia e i valori della curiosità, della creatività e dell’apprendimento» propri di questa fondamentale stagione della vita dell’uomo. Ha sede a Reggio Emilia, è dotato di una biblioteca specializzata e sempre aggiornata costituita da oltre 10.000 volume. Cura pubblicazioni, documentari, mostre, eventi culturali e altre forme di comunicazione volte a promuovere la conoscenza della cultura dell’infanzia. Cfr. CIRCI <https://circi.education/> (ultimo accesso: 04/07/2025).

[2] L’associazione culturale Quaderni Aperti è stata fondata nel 2004 a Milano, di recente ha preso la forma del Museo dei Quaderni di Scuola, un museo unico al mondo nel suo genere, che conserva al suo interno circa 2500 documenti (per lo più quaderni, ma anche diari e lettere scritte da bambini) provenienti da diversi Paesi e riconducibili ad un periodo molto vasto, dai più antichi risalenti alla fine del 1700, ai più recenti prodotti nei primi anni 2000. Cfr. Museo dei Quaderni di Scuola <https://www.museoquaderni.it/museo/> (ultimo accesso: 04/07/2025).

[3] La citazione è presa dalla terza di copertina del volume.

[4] J. Meda, D. Montino, R. Sani (eds.), School Exercise Books: A Complex Source for a History of the Approach to Schooling and Education in the 19th and 20th Centuries, 2 voll., Polistampa, Firenze 2010.

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